Quegli occhi e un violino


Vestito  
di giacca e cravatta, 
fiero, in mano il violino,
davanti per terra 
un cestino,
a fianco un bambino. 

Suonava, 
e il bimbo passava, 
occhi bassi,  
a tender la mano furtiva, 
guardingo
che nessun lo vedesse. 

Ma io qui ci son nato! 
La donna che poi 
fu mia madre
qui, proprio qui
sulle scale, 
di fronte alla Senna, 
sedeva bambina
per chieder limosina, 
proprio come quel bimbo, 
occhi bassi
per grave pudore. 

L'ho guardato negli occhi
quell'uomo:
eran grigi, come fu di mia madre, 
spersi e profondi
che rispecchiavano il cielo, 
eran pieni di vita. 

E ho dato una carezza 
al suo bimbo;
poi gli ho messo 
nel palmo qualcosa, 
furtivo,  
che non  fosse d'impiccio. 

I suoi occhi, 
che alzava giammai,
mi han guardato 
ed han fatto un sorriso.

Ero nessuno, 
in mezzo alla folla
ma forse qualcosa è rimasto
di più che la mia carità:
quella carezza, 
il grigio degli occhi,
il suo sguardo
e se ci rivedremo... 
il sorriso.