La Tata


Oggi ti ho pensata, così come si parla
alla luna nel cielo stellato. 

Perché a parlar mi affanno
se tu, Luna, non senti, se invano corri
per monti e valli, se la tua luce Argentea
si stende sulla piana, 
su tutti riversando il tuo candor, 

ma i volti nostri tu non vedi, 
ma tu non senti il nostro grido, 
e ignara te ne vai 
a compiere il tuo giro? 

Così sei tu, mia Tata: 
lucente come lei, 
splendor per chi  t'incontra
e ora sei lontana e sembra 
di non poterti più parlare, 
perché non sei fra noi. 

Ma tu, a differenza sua, 
della graziosa luna, ci vedi. 
E se le mie pupille non possono incontrarti, 
se le mie braccia aperte
non possono abbracciarti, 
e stringerti e baciarti, 
pur tuttavia, lo so, sei qui con me, 

che nel mio ventre per nove mesi 
ti ho portata,  
per altri ti ho allattata, 
e ti ho cresciuta, e vista poi ti ho sposa
feconda e madre, 
al par di me, più bella

E piango, senza volerlo, senza
saperlo, 
per gran dolcezza che ho
pensando a te, 
che illumini il mio giorno, 
ma che mi manchi:
ci sei, ma non ci sei. 

E mettermi al tuo posto, 
non son capace, o forse sì 
ma non sei tu;
e la tua sedia, il posto tuo, 
in questo mio Natale è vuoto:
lo guardo, e non rispondi. 

Lacrime, anche non viste, 
in questo mio Natale, 
dolci come la nostra casa,
salate come il gran vuoto
che ci separa:

il tuo partire sempre, 
ad ogni alba come a sera, 
e sempre il tuo tornare
che riempie, fino all'orlo, 
di questo cuore il mare.