Corno inglese

Il vento che stasera suona attento -
ricorda un forte scotere di lame -
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l'orizzonte di rame

dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D'alti Eldoradi
malchiuse porte!)

e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;

il vento che nasce e muore
nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.

Eugenio Montale 


Come il vento di cui è immagine, questa poesia ha un ritmo e un'armonia disomogene e dissonanti.
Ha però una trama e una partitura, fatta da parole, figure, suoni che si richiamano e rincorrono per tutto il testo, anche se con poche rime,  partono da un punto certo per poi protendersi, come le strisce di luce, in un "oltre" indefinito: alberi, orizzonte, aquiloni, cielo, nuvole, Eldorado, e infine porte malchiuse, che ci fanno percepire come una promessa...  mentre lo stridore del vento tra i rami, ci porta lontano, con un rimbombo. 

Il corno inglese è uno strumento a fiato simile all'oboe, ad ancia doppia e canna che ha la forma di un cono irregolare rovesciato, e la poesia, scritta non allineata a sinistra ma centrata, assume anche graficamente  la forma di un corno inglese. Come un cuneo che al suo fondo trova la parola”cuore”,  l'ultima parola della poesia. 
La rappresentazione grafica è rafforzata da un lessico allusivo:“suona”, “strumenti”, “tromba”, il verbo “lancia” che richiama il sostantivo "l'ancia" che è l'imboccatura del corno inglese; e che nella poesia è l'ultimo verso, il  “cuore”.

Il protagonista della poesia è il vento che al tramonto, spazzando l'orizzonte di rame, suona attento, come un concertista, gli strumenti che ha, i fitti alberi, e ci ricorda un forte scotere di lame, una potente vibrazione metallica. 

Mentre il vento suona, da solista, e spazza l'orizzonte,  le strisce di luce del tramonto, lontane e  inafferrabili, si protendono in un indefinito “Oltre”, che ci precede e ci sovrasta ... di cui il cielo, che diventa il secondo concertista, trasmette il rimbombo, mentre ai nostri occhi sembrano aquiloni trattenuti da una mano che ne stringe il filo, come a volerne essere quei padroni che non siamo. Il rimbombo del cielo dà al tutto un senso di unità. 

Guardando questo cielo spazzato dal vento, il poeta si immerge in immagini e ricordi, nuvole in viaggio, Eldoradi che indicano una distanza, una mancanza, forse un rimprovero, mentre le malchiuse porte lasciano uno spiraglio all'arsura del desiderio.  Questo versi sono messi tra parentesi, e sembrano stonare rispetto alla musicalità della poesia,  quasi a indicare un disagio, un dolore, un non capire, una ferita aperta.  È lo iato tra la condizione umana e il desiderio del cuore. 
La poesia potrebbe finir qui, in questo grido fra parentesi. 

E invece, come spesso in Montale, il quadro si arricchisce di un altro elemento:  messo in moto anch'esso dal vento entra in scena anche un terzo concertista, il mare... che “scaglia a scaglia, / livido, muta colore / e lancia a terra una tromba / di schiume intorte”: la risacca. 
Le rime qui ci sono, sono lontane, ma legano l'inizio della poesia con la fine: rimbomba/tromba, porte/intorte. La parte del mare è breve, come lo schianto di un'onda sugli scogli. Un mare scaglioso che ad ogni onda muta i colori, allegoria del tempo che cambia le cose e dell'inevitabile morte.

Non per caso il verso seguente, con cui si ritorna al vento, finisce con "muore". 
Nel vento, nel cielo e nel mare di Corno inglese ci sono lo spazio, e il tempo in cui è immerso l'uomo, la realtà insomma, quella di cui Paul Claudel direbbe: "in parti uguali di gioia e dolore la vita è fatta"; e qui Montale parla di una realtà dura, lame, scaglie, porte chiuse anche se male, mare livido, ma che sanno suonare: sicuramente il corno inglese, forse anche il cuore.
Il corno inglese rovesciato sta finendo il suo concerto  nell'ora che lenta s'annera, il tempo che diventa breve. E' la descrizione della vita, che non si spiega da se stessa, ma che, nell'ultimo verso, domanda che la musica non finisca, che il cuore non abbia mai ad essere scordato.  Se la durezza della vita rende scordato il cuore, la domanda al vento, il Primo solista che muove tutto il resto, forse presentimento di Dio, è che lo strumento-cuore possa nuovamente accordarsi con il tutto.