Come è nata "La Risacca".

Pieno di gioia per gli esercizi spirituali  appena terminati, e pieno di commozione per la notizia sulla causa di beatificazione del caro don Giussani, ero ospite di amici a San Marino. 
Dopo la cena, ho manifestato loro il mio stato d'animo dicendo: "La mia gioia non la manifesto platealmente, ma è come una forza che ho dentro, è un po' come la risacca del mare che tutto prende in un vortice, prima di espandersi". 

Salito poi in camera per la notte e immersomi col pensiero in quell'immagine della risacca e del mio mare di Sardegna, è nata la poesia. 

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La risacca è quell'onda di ritorno che il mare genera quando, frangendosi sulla battigia, si ritira, e risucchia e trascina la sabbia e tutto quello che vi si trova. 

Nel mio pensarmi là, non c'erano solo la forza e la potenza del mare, c'erano i gabbiani che arrivano sulla spiaggia verso sera, e poi si rialzano in volo, e la carrucola che serve per tirare in secco la barca tornata a riva, e che spesso cigola: sono come dei segnali, chiedono attenzione (grido del cuore) e ci obbligano a guardare in alto, come se la pesantezza del nostro passo venisse cancellata da una forza pronta ad esplodere. 

Il rumore della risacca ne indica la forza, ma è al contempo pacificante. La dinamica di quel vortice, il suo tendersi e poi distendersi, è presagio di ciò che deve avvenire, un impeto, uno slancio, un "pollinare", verbo inventato da me per indicare la maturazione del polline, che serve a fecondare: è presagio del cielo, che rende feconda la vita. 

Così è la mia gioia, contenuta, come son io di carattere; se non fosse così esploderebbe da quanto è sovrabbondante, e farebbe tremare tutto, anche le pareti di quella stanza da pranzo con Maria e la sua famiglia, o dei padiglioni della fiera di Rimini con Davide e tutti gli amici. 

È discreta, non ha bisogno di esprimersi smodatamente, ma è una forza viva, che mi porta. 

È il detonatore del mio cuore, pronto a darsi tutto per la vita, per Dio e per i fratelli uomini, nella certezza che nulla sfugge, nulla di noi si perderà, né io, né tu, né il cielo né il mare che di questo "oltre" sono il segno e il richiamo.